Si sta avviando alla conclusione una delle favole di quest'anno. Sto parlando del Bari, una squadra che prima dell'inizio di questo campionato avevo messo tra le sicure retrocesse con il Livorno e il Siena. E invece guarda ora dove me li ritrovo: già ampiamente salvi, con una squadra che a detta di molti ha espresso per buona parte del campionato "il miglior calcio" del bel paese.
E diciamo che le premesse per fare questa gloriosa cavalcata non c'erano assolutamente. Prima l'addio di Conte (sul quale torneremo dopo) poi il fantomatico Texano che voleva comprare tutto e che come le streghe delle favole si è dissolto nel nulla. Il buon Ventura ha fatto un miracolo.
Ma quanto è destinato a durare questo miracolo? Il Bari riuscirà a ripetere l'exploit di questa stagione? Domande che già a suo tempo si era fatto Conte salendo dalla B alla A. Voleva garanzie, certezze. Ma soprattutto le voleva nella squadra, il che si traduce nel concetto: niente prestiti, acquisti mirati e squadra che avesse una solida base per un lungo periodo.
Condizioni economicamente non possibili per i Matarrese e Conte che saluta tutti e prega per la chiamata bianconera che non arriva (arriverà quella infelicissima della Dea bergamasca).
Analizziamo la squadra odierna di Ventura. Punti di forza della difesa: quest'anno sono emerse due colonne inaspettate come Bonucci e Ranocchia. Rispettivamente in comproprietà ed in prestito secco con il ben più ricco Genoa. Senza contare i meno importanti Diamoutene (in prestito dal Lecce), Belmonte (comproprietà col Siena) e Pisano (prestito dal Torino). Da ricordare anche Padelli, secondo portiere in prestito dalla Samp.
A centrocampo le cose migliorano. Solo Almiron è in prestito dalla Juve, Koman stessa formula dalla Samp e Langella in comproprietà con l'Udinese, ma quest'ultimo non sarà riscattato sicuramente. Qualche altro problema arriva dall'attacco: Meggiorini è metà del (si ancora lui) Genoa, Sforzini metà dell'Udinese e lo stesso vale per la stella Barreto. Insomma su una rosa di 28 giocatori 13 sono o in comproprietà o in prestito.
Starà ai posteri vedere se questa favola avrà un sequel che reggerà il confronto con il primo episodio o se i grandi attori lasceranno per altri lidi e assisteremo ad un movie di serie B (in tutti i sensi).
Piccola curiosità. Qualcuno di voi lettori si ricorda di Salvatore Sullo? Il centrocampista ex leggenda del Messina di serie A è il vice di Ventura. Un altro pezzo di quella squadra che si ritrova in casacca biancorossa (gli altri sono Salvatore Masiello, Parisi, Alvarez e Donati).
venerdì 30 aprile 2010
giovedì 29 aprile 2010
La Squadra meno italiana d'Italia?
Il giorno dopo la grande sbornia. Di solito ci si risveglia intontiti, spesso non si ricorda quello che si è fatto la sera prima. Bene: non è questo il caso.
L'Inter se lo ricorda bene, l'impresa è ancora nella mente di tutti. I nerazzurri, i terrestri, hanno steso i catalani, gli alieni. Messi, il piccolo marziano, sconfitto dalla classe operaia, a cui capo vediamo un uomo che in vita mia non ho mai visto spettinato e che risponde al nome di Javier Zanetti ed al soprannome di El Tractor.
Una guerra di classe. Non che l'Inter non ne abbia, ma il Barcellona sembrava veramente di un altro pianeta. Ma della partita ne hanno già ampiamente parlato i giornali, sia di parte sia non, e non voglio più dilungarmi oltre su questo argomento.
Mi piacerebbe fare una curiosa riflessione sulle due squadre.
Iniziamo dal Barca. Il Barca è Més que un club, è una nazionale, è il simbolo della Catalogna. I catalani, che da sempre non si riconoscono sotto la bandiera spagnola, hanno riconosciuto nel club azulgrana la maggiore espressione di arte calcistica che potessero mai sognare. Il Barca è la Catalogna, rappresenta un popolo, un simbolo politico ben chiaro e chiuso per chi non sposa il progetto indipendentista. Una squadra che fa della bandiera un motivo di unione.
Dall'altra parte l'Inter. Una squadra che grazie al portoghese, il signor M, sta riuscendo nell'arduo compito di diventare ancora più antipatica della Juventus Moggiana. Un team che gran parte (quella non interista) del paese non considera una squadra degna di rappresentare l'Italia. "Non hanno italiani in campo!" è la spiegazone più sentita. Undici stranieri con il tricolore sul petto.
Due squadre filosoficamente opposte, due mentalità totalmente diverse, due scuole di pensiero che si sono affrontatate per una finale. Fantastico.
Ed ironia della sorte la spuntiamo noi italiani. E questa volta la Squadra meno italiana d'Italia ha giocato nel modo più italiano possibile: tutti in difesa. Tanto di cappello: perfetti; d'altronde la partita era stata vinta all'andata, bisognava difendere il risultato coi denti ed il catenaccio che tanto ha dato all'Italia (ricordiamo un Mondiale per esempio) faceva al caso nerazzurro.
Quindi complimenti all'Inter, adesso ti tocca salvare un paese a cui per gran parte non piaci (compreso il triste sottoscritto rossonero) dal declassamento europeo. Quindi in bocca al Lupo cugini perchè, volenti o no, in finale sotto sotto (moooolto sotto) molti di quelli che ti odiano tiferanno per te.
A parte gli Juventini: lo sai che ce l'hanno ancora con te, loro non potranno mai tifare per te. Questioni di onore :)
L'Inter se lo ricorda bene, l'impresa è ancora nella mente di tutti. I nerazzurri, i terrestri, hanno steso i catalani, gli alieni. Messi, il piccolo marziano, sconfitto dalla classe operaia, a cui capo vediamo un uomo che in vita mia non ho mai visto spettinato e che risponde al nome di Javier Zanetti ed al soprannome di El Tractor.
Una guerra di classe. Non che l'Inter non ne abbia, ma il Barcellona sembrava veramente di un altro pianeta. Ma della partita ne hanno già ampiamente parlato i giornali, sia di parte sia non, e non voglio più dilungarmi oltre su questo argomento.
Mi piacerebbe fare una curiosa riflessione sulle due squadre.
Iniziamo dal Barca. Il Barca è Més que un club, è una nazionale, è il simbolo della Catalogna. I catalani, che da sempre non si riconoscono sotto la bandiera spagnola, hanno riconosciuto nel club azulgrana la maggiore espressione di arte calcistica che potessero mai sognare. Il Barca è la Catalogna, rappresenta un popolo, un simbolo politico ben chiaro e chiuso per chi non sposa il progetto indipendentista. Una squadra che fa della bandiera un motivo di unione.
Dall'altra parte l'Inter. Una squadra che grazie al portoghese, il signor M, sta riuscendo nell'arduo compito di diventare ancora più antipatica della Juventus Moggiana. Un team che gran parte (quella non interista) del paese non considera una squadra degna di rappresentare l'Italia. "Non hanno italiani in campo!" è la spiegazone più sentita. Undici stranieri con il tricolore sul petto.
Due squadre filosoficamente opposte, due mentalità totalmente diverse, due scuole di pensiero che si sono affrontatate per una finale. Fantastico.
Ed ironia della sorte la spuntiamo noi italiani. E questa volta la Squadra meno italiana d'Italia ha giocato nel modo più italiano possibile: tutti in difesa. Tanto di cappello: perfetti; d'altronde la partita era stata vinta all'andata, bisognava difendere il risultato coi denti ed il catenaccio che tanto ha dato all'Italia (ricordiamo un Mondiale per esempio) faceva al caso nerazzurro.
Quindi complimenti all'Inter, adesso ti tocca salvare un paese a cui per gran parte non piaci (compreso il triste sottoscritto rossonero) dal declassamento europeo. Quindi in bocca al Lupo cugini perchè, volenti o no, in finale sotto sotto (moooolto sotto) molti di quelli che ti odiano tiferanno per te.
A parte gli Juventini: lo sai che ce l'hanno ancora con te, loro non potranno mai tifare per te. Questioni di onore :)
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